top of page
Pergamena-Preghiera-Marinaio.jpg
Antonio_Fogazzaro.jpg
Antonio Fogazzaro

Scrittore e poeta italiano

nato a Vicenza il 25 Marzo 1842

morì a Vicenza il   7 Marzo 1911

Autore della "Preghiera del marinaio" fu lo scrittore Antonio Fogazzaro, nato a Vicenza il 25 Marzo 1842. Fogazzaro la scrisse nel 1901, sollecitato dal vescovo di Cremona, Bonomelli, cui stava a cuore lo spirito religioso dei marinai.

Il comandante del “Giuseppe Garibaldi” Capitano di Vascello Cesari Agnelli, colpito dalle parole della preghiera del Fogazzaro, chiese e ottenne nel Marzo di quell’anno, dall'allora ministro della Marina, Ammiraglio Costantino Morin, l’autorizzazione a recitarla in navigazione prima dell’ammaina bandiera, quando l’equipaggio è schierato a poppa. Da allora tale consuetudine si diffuse rapidamente su tutte le navi della flotta, tanto che nel 1909 la “Preghiera Vespertina” era già comunemente conosciuta come “Preghiera del marinaio italiano” e ne era stata resa obbligatoria la lettura a bordo.

La “Preghiera del marinaio” viene attualmente letta, oltre che prima dell’ammaina bandiera in navigazione, anche al termine delle messe a bordo, nelle caserme e negli stabilimenti della marina e alla conclusione delle funzioni religiose celebrate in suffragio di marinai deceduti.

la NOSTRA preghiera

by Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli

Nella tradizione della Marina Militare Italiana la “Preghiera del Marinaio” viene letta dal più giovane ufficiale di bordo al tramonto, nel corso della cerimonia dell’ammainabandiera in navigazione, oppure al termine della Messa.

È un testo molto toccante per noi marinai e forse anche per chi ha assistito alla sua lettura. La “Preghiera” fu composta da Antonio Fogazzaro nel 1901, su richiesta dell’amico Vescovo di Cremona, Monsignor Geremia Bonomelli. Il titolo originale era “Preghiera Vespertina per gli Equipaggi della Regia Marina da Guerra”.

Recitata per la prima volta il 23 febbraio 1902 a bordo dell’Incrociatore Garibaldi, ottenne subito un grande successo tra gli equipaggi della Flotta tanto che nel 1909 era già comunemente conosciuta come la “Preghiera del Marinaio” e ne venne regolamentata la lettura alla cerimonia dell’ammainabandiera in navigazione.

Dopo la morte del Fogazzaro, nel 1911 il manoscritto originale fu consegnato all’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel ed è tutt’oggi conservato presso l’Ufficio Storico della MMI.

Nel tempo il testo ha subito alcune modifiche, la prima, con l’avvento della Repubblica, portò alla rimozione di ogni riferimento alla Monarchia Sabauda e più recentemente, a seguito di un esame grafologico del manoscritto originale, laddove si recitava “da questa Sacra Nave armata dalla Patria” era emerso che il Fogazzaro avesse scritto “della” e non “dalla”.

Qui credo opportuno un commento, perché in tanti anni quel “dalla” si era scavato un saldo rifugio nelle nostre menti e ci sentivamo noi, l’equipaggio, coloro che “armavano la sacra Nave”, orgogliosi per questo. “Sacra Nave armata, della Patria” sarà anche più fedele all’originale, ma non ha lo stesso impatto emotivo. L’impressione è che la Patria esiga una sua proprietà esclusiva, e non una partecipazione degli uomini e le donne (presenti da oltre 20anni ormai) che, come suo equipaggio, negli effetti, la armano; un lessico se vogliamo più burocratico. Dunque, la prima riflessione è sul contenuto emotivo, anzi, evocativo della preghiera, che avrebbe consigliato di non dar retta ai grafologi, ma al sentimento dei marinai. Tant’è, le ragioni c’erano tutte per modificare e l’abbiamo fatto, anche se ancora oggi non riesco a dire “della” e sento più vicina e reale la vecchia versione.

“Poca cosa” – dirà qualcuno – eppure chi ha passato tanti anni in mare e ha servito sulle “Sacre Navi”, e condiviso le stesse avventure, la nostra preghiera è una parte non trascurabile del collante che ci rende unici, diversi & coesi, come il navigare, il lavorare insieme, l’affrontare i pericoli che dobbiamo, passando lunghe notti di guardia, per mesi lontani da casa e dalle “care genti”, vegliando sul mare.

In una recente, assolutamente incisiva e brillante intervista a Carmen Lasorella, l’attuale Capo di Stato Maggiore della Marina ha espresso l’intenzione di modificare il testo della preghiera in omaggio alle donne che da 20 anni, appunto, si sono affiancate con onore ai loro colleghi maschi. In pratica la frase «Noi, uomini di mare e di guerra…» suonerebbe «Noi, uomini e donne di mare e di guerra…».

“Mi sembra giusto e doveroso!” Direbbe sempre quel qualcuno, e poi è ancora una volta ben poca cosa a fronte dell’omaggio che è nelle intenzioni!”.

Però invito i miei pochi lettori a pensarci bene. Seguendo questa chiave, quel qualcuno potrebbe dirci “perché allora non rendere omaggio anche ai Sottufficiali, ai graduati, al personale civile”, che effettivamente dal 1901 non sono menzionati nelle parole che seguono «Noi, uomini di mare e di guerra, Ufficiali e Marinai d’Italia…». È qui il nodo da sciogliere, vogliamo rispettare l’opera d’arte, con tutte le sue assonanze evocative, o vogliamo fare burocrazia, anzi, meglio, vogliamo strizzare l’occhio al politically correct e all’inclusività, oggi di gran moda?

Nel primo caso non dovremmo toccare nulla, considerando che il termine ‘uomini’ è usato, nella mia percezione, in accezione onnicomprensiva, così come ufficiali e marinai, una specie di sineddoche, la parte per il tutto, per intendere l’equipaggio che arma una nave. Se invece vogliamo modificare avendo a mente il politically correct, l’inclusività di genere, signori, ci addentriamo in un campo minato, perché la Preghiera del Marinaio in questa ottica è davvero poco modaiola: è guerriera, parla di guerra, non di pace, di terrore sul nemico, non di comprensione e pietà, e poi, siamo sicuri che i generi di uomo e donna siano onnicomprensivi oggi, e tra 50 anni? Se rifiutiamo di leggere le opere d’arte (perché di questo si tratta) nel tempo e nel contesto in cui sono nate ne facciamo scempio, se diamo ragione alla cancel culture dei c.d. WOKE e leggiamo le parole del Fogazzaro immergendole nella cultura e nella moda corrente dovremmo stravolgerle completamente, mettiamo le mutande al Giudizio universale di Michelangelo, e chi s’è visto s’è visto.

Lo so, non è molto attualizzata, ma è la NOSTRA preghiera, quella che recitiamo da più di centovent’anni senza mai sentire, lo dico sinceramente per quel che mi riguarda, che fosse discriminante per donne e uomini, sottufficiali graduati e personale civile della Marina, anzi, sentendoci tutti, donne e uomini, un solo, determinato e coriaceo equipaggio.

Pertanto, scusate se, con tutta la stima e l’orgoglio per il prezioso apporto che il personale femminile ha dato alla Forza Armata, a tutte le Forze Armate per dire la verità, sono fermamente contrario ad ogni ulteriore modifica alla nostra preghiera e mi scuserete se in futuro continuerò a recitarla così:

Noi, uomini di mare e di guerra, Ufficiali e Marinai d’Italia, da questa Sacra Nave armata dalla Patria, leviamo i cuori!

L’Autore, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, è capo di stato maggiore emerito delle Forze Armate Italiane

DSC_0036_1.jpg
Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli

Capo di Stato Maggiore della Difesa

dal 31 gennaio 2013

al 27 febbraio 2015

bottom of page