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Sommergibile "Giacomo Nani"

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Sommergibile di grande crociera della classe Marcello (dislocamento di 1060 tonnellate in superficie e 1313 in immersione). Svolse in guerra 6 missioni (3 in Mediterraneo e 3 in Atlantico) percorrendo complessivamente 9958 miglia in superficie (6162 in Atlantico e 3796 in Mediterraneo) e 1305 in immersione (378 in Atlantico e 927 in Mediterraneo), trascorrendo in mare 89 giorni ed affondando due mercantili per totali 1939 tsl.

 

Breve e parziale cronologia.

 

15 gennaio 1936

Impostazione nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1193).

 

16 gennaio 1938

Varo nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone. È madrina Bianca Scala, moglie del generale Scala.

 

5 settembre 1938

Entrata in servizio.

Assegnato al II Grupsom di Napoli, svolge intensa attività addestrativa dal 1938 al 1940.

 

6 giugno 1940

Quattro giorni prima della dichiarazione di guerra, il Nani (capitano di corvetta Gioacchino Polizzi) ed il gemello Barbarigo lasciano Napoli per il primo pattugliamento al largo di Capo Bengut (Algeria) a 30 miglia dalla costa.

 

10 giugno 1940

L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. Il Nani fa parte della XXI Squadriglia Sommergibili (II Grupsom di Napoli) insieme ai gemelli Marcello, Dandolo e Provana (oppure della XXII Squadriglia, assieme a Barbarigo, Emo, Morosini, Leonardo Da Vinci e Guglielmo Marconi).

 

13 giugno 1940

Lascia il settore d’agguato per rientrare alla base, senza aver avvistato nulla.

 

19 giugno 1940

Viene inviato a pattugliare le acque al largo delle Baleari insieme ai sommergibili Ascianghi, Fratelli Bandiera e Santorre Santarosa.

 

24 giugno 1940

Raggiunge il proprio settore d’agguato, 15 miglia ad est di Porto Mahon (Minorca). Non avvisterà nulla durante tutta la missione.

 

30 giugno 1940

Rientra alla base.

 

13 luglio 1940

Viene inviato in pattugliamento ad est di Gibilterra insieme ai gemelli Comandante Faà di Bruno e Morosini ed al più piccolo Berillo; al Nani viene assegnato il settore più occidentale, tra Gibilterra e Capo Guillates (Marocco).

 

18-22 luglio 1940

Avvista più volte unità leggere, ma non ha mai occasione di attaccare.

 

22 luglio 1940

Lancia due siluri, alle tre di notte, contro un grosso cacciatorpediniere che ha avvistato nelle acque del Marocco (dodici miglia a sudest di Punta Europa), ma le armi si rivelano difettose (corsa irregolare) e mancano il bersaglio.

Ne viene poi deciso l’invio in Atlantico; viene pertanto sottoposto a due mesi di lavori a Napoli per adeguarlo ad affrontare l’oceano.

 

29 settembre 1940

Il Nani (capitano di corvetta Gioacchino Polizzi) lascia Napoli diretto in Atlantico facendo parte del gruppo «Da Vinci» (Nani, Leonardo Da Vinci, Glauco, Otaria, Comandante Cappellini, Pietro Calvi, Enrico Tazzoli, Argo e Veniero), i cui battelli dovranno attraversare lo Stretto di Gibilterra in coincidenza con il periodo della luna nuova e del primo quarto, attaccare il naviglio mercantile nell’Atlantico centro-orientale sino al limite dell’autonomia e poi raggiungere la base di Betasom a Bordeaux.

 

4 ottobre 1940

Attraversa lo stretto di Gibilterra in immersione: lo imbocca nelle prime ore del mattino, e quando ne è quasi uscito viene travolto da una forte corrente sottomarina, “precipitando” fino a 140 metri di profondità ma senza subire alcun danno. Viene poi inviato a pattugliare le acque tra Madera e le Azzorre insieme ai sommergibili Glauco, Otaria, Leonardo Da Vinci, Comandante Cappellini e Veniero.

Lancia un siluro contro un piroscafo scortato, senza colpirlo.

 

5 ottobre 1940

Alle 4.13, appena giunto nel proprio settore operativo, il Nani, stando in superficie, lancia quattro siluri dai tubi di poppa (due per altre fonti) contro il piropeschereccio armato britannico Kingston Sapphire (tenente di vascello Louis Alan Sayers) da 356 tsl (che viene però scambiato dal comandante Polizzi per una ben più grande petroliera da 7000 tsl), la cui sagoma oscurata ha avvistato mentre si avvicinava ad un piroscafo completamente illuminato per identificarlo. Il piropeschereccio, facente parte del dispositivo di vigilanza dello stretto di Gibilterra, viene colpito da una delle armi ed affondato nel punto 36°02’ N e 07°10’ O (o 36°11’ N e 06°32’ O), a ponente di Gibilterra, ad una cinquantina di miglia da Capo Spartel e 20 miglia a sudovest di Cadice. 13 membri dell’equipaggio del Kingston Sapphire rimangono uccisi, mentre gli altri 28 saranno soccorsi da un peschereccio spagnolo e sbarcati a Huelva.

 

11-27 ottobre 1940

Si trasferisce nella zona d’operazioni a nordovest di Madera e vi staziona in agguato, ma non avvista nessuna nave e, giunto al limite dell’autonomia, dirige quindi per la base.

 

23 ottobre 1940

Ferma il piroscafo greco Sulliotis, neutrale (l’Italia attaccherà la Grecia giusto il 28 ottobre) ed in navigazione verso gli Stati Uniti, lo ispeziona e poi lo lascia proseguire, non avendo riscontrato irregolarità.

 

27 ottobre 1940

Durante la navigazione verso Bordeaux, il Nani ferma a mezzanotte il piroscafo svedese Meggie(capitano F. B. Johansson) da 1583 tsl, anch’esso neutrale ed in navigazione – isolato e senza bandiera – da Dunston a Madera, e di nuovo lo ispeziona: stavolta viene scoperto un carico di carbone per il Regno Unito, in violazione delle regole di neutralità, così il Nani affonda a cannonate il mercantile nel punto 37°20’ N e 34°15’ O (70 miglia a sudest di Santa Maria nelle Azzorre, o 60 miglia ad est delle Azzorre), poi ne rimorchia le lance per dodici ore, portandole a 25 miglia dall’isola San Miguel. Tutto l’equipaggio del Meggie verrà tratto in salvo.

 

4 novembre 1940

Giunge a Bordeaux, dov’è stata creata la base atlantica italiana di Betasom.

 

13 dicembre 1940

Lascia Bordeaux per la seconda missione atlantica, facendo parte del gruppo «Calvi» (Calvi, Emo, Bagnolini, Veniero, Nani e Tazzoli), le cui unità dovranno operare in zone confinanti ad ovest delle Isole Britanniche sino ai limiti dell’autonomia. Il sommergibile incontra condizioni meteomarine eccezionalmente avverse.

 

17 dicembre 1940

Il grave ferimento del comandante in seconda e di un artigliere, causato da un’enorme onda che investe la torretta, costringe il battello a tornare alla base, dove vengono sbarcati i feriti.

 

17-18 dicembre 1940

Il Nani, in trasferimento da La Pallice a Bordeaux lungo la Gironda (oppure mentre sosta alla fonda a Pauillac), viene attaccato nottetempo da aerei britannici ma ne abbatte uno con il tiro delle mitragliere, dopo un intenso scambio di colpi.

La perdita

 

La sosta a Bordeaux durò solo il tempo necessario a rimpiazzare i feriti: il 20 dicembre 1940 il Nani, al comando del capitano di corvetta Gioacchino Polizzi, partì da Bordeaux per riprendere la missione interrotta nelle acque a ponente dell’Irlanda. A causa del ritardo causato dal precedente contrattempo, il sommergibile ricevette l’ordine di seguire la rotta più breve per l’avvicinamento all’area operativa.

Il 1° gennaio 1941 il battello andò a formare una linea d’attacco ad ovest del Canale del Nord (da mantenere fino al 18 gennaio) insieme ai sommergibili italiani Glauco e Leonardo Da Vinci (i tre battelli italiani formavano un gruppo denominato proprio «Nani») ed ai tedeschi U 38 e U 124, ma non diede più notizia di sé dopo il 3 gennaio 1941, data del suo ultimo segnale ricevuto a Bordeaux.

Alle 15.06 del 7 gennaio Betasom chiamò tre dei suoi sommergibili in missione, e solo il Nani («64 W») non rispose; così come rimase silente alle nuove chiamate, tre giorni dopo, alle 15.09 del 10 gennaio. Qualche ora dopo fu ripetuto lo stesso segnale, ma di nuovo senza risposta, al pari dei successivi.

Il Nani fu dichiarato perduto per circostanze ignote – forse anche il maltempo – ed in data imprecisata tra il 3 gennaio, data del suo ultimo contatto radio con la base, ed il 20 febbraio 1941, ultima data possibile per il suo ritorno alla base. Scomparvero con l’unità il comandante Polizzi, altri 6 ufficiali e 48 tra sottufficiali, sottocapi e marinai.

Fonti britanniche ne attribuiscono l’affondamento ad un attacco con bombe di profondità da parte della corvetta britannica Anemone (capitano di corvetta Humphry Gilbert Boys-Smith) il 7 gennaio 1941, nel punto 60°15’ N e 15°27’ E (al largo delle isole Faer Oer, 200 miglia a sud dell’Islanda o 339 miglia a sudest di Reykjavik, a nordovest dell’Irlanda ed a ponente del Canale del Nord).

Il mattino del 7 gennaio 1941 l’Anemone stava procedendo a quattro nodi su rotta 290° per andare incontro al convoglio HX.99, in arrivo sulla medesima rotta ma con direzione opposta. Alle 10.45, da bordo della corvetta, venne avvistata un’unità non identificata circa cinque miglia a poppavia sinistra, che stava superando l’Anemone ad alta velocità. Non essendoci ancora la piena luce del giorno, da bordo della nave britannica lo sconosciuto fu dapprima ritenuto essere un peschereccio antisommergibile, perciò fu tenuto d’occhio ma, dato che si stava avvicinando rapidamente, non fu modificata la rotta; la rifrazione dell’alba ostacolava il riconoscimento.

Alle 11.07, tuttavia, gli uomini dell’Anemone si resero conto che il nuovo arrivato era un grosso sommergibile – che, in base alle sue “eccessive” dimensioni, ritennero essere più probabilmente italiano che tedesco, e quasi certamente delle classi Calvi, Foca od Archimede – che stava venendo dritto verso di loro a tutta forza. La corvetta segnalò via radio l’avvistamento, ma seguitò a restare sulla sua rotta, perché appariva evidente che il sommergibile non avesse ancora riconosciuto la sagoma della nave britannica; il comandante dell’Anemone, che il giorno prima aveva fermato il piropeschereccio svedese San-Tooy, che riteneva “sospetto”, pensava forse (a torto) che il San-Tooyfornisse appoggio agli U-Boote e che il sommergibile avesse scambiato l’Anemone per la nave svedese, e per questo gli si stesse avvicinando con tanta imprudenza. Sapendo che quanto più a lungo il battello nemico avesse ignorato la sua identità, tanto più si sarebbe avvicinato, l’Anemoneproseguì sulla sua rotta fino alle 11.15, quando, essendosi le distanze ridotte a 2900 metri, la corvetta gettò la maschera, virò verso il sommergibile a tutta forza ed aprì il fuoco. Il sommergibile virò subito di 180° e tentò di fuggire; benché l’Anemone stesse procedendo alla massima velocità, la distanza tra inseguitore ed inseguito andò aumentando rapidamente, ma la sesta salva del cannone da 100 mm della corvetta centrò il battello a poppa sinistra. Tre secondi più tardi, il sommergibile iniziò ad immergersi dopo aver emesso un forte sbuffo di acqua nebulizzata o fumo bianco dalla poppa; la settima salva dell’Anemone, sparata da 3660 metri, lo mancò di poco mentre s’immergeva.

Una piccola chiazza d’olio, e l’acqua perturbata, indicava il punto in cui il battello si era immerso, e nel sopraggiungervi l’Anemone, pur senza aver ottenuto alcun contatto (a causa delle vibrazioni della nave), lanciò un pacchetto di sei bombe di profondità regolate per scoppiare a 46, 76 e 106 metri; subito dopo, alle 11.32, la corvetta gettò un secondo pacchetto di cariche di profondità (regolate per scoppiare alle medesime quote) poco distante dal punto dell’immersione, nella supposizione che dopo essersi immerso il sommergibile avrebbe virato di 180° (in realtà aveva virato di 90° a dritta). Quasi subito dopo, l’Anemone ottenne un contatto molto chiaro al traverso a sinistra, a 2100 metri di distanza; il sommergibile procedeva a zig zag, ma la sua velocità era piuttosto scarsa, e la corvetta, procedendo a 9 nodi, lo sorpassò rapidamente prima di lanciare, alle 11.40, altre sei bombe di profondità regolate per le stesse profondità delle precedenti.

Non ritrovando subito il contatto, l’Anemone eseguì una ricerca su un percorso a “L”, e alle 11.48 riottenne nuovamente un contatto marcato, ma meno di prima. Il sommergibile continuò a zigzagare, ed un tentativo, da parte della corvetta, di eseguire un attacco al suo traverso fallì proprio per una delle continue virate del bersaglio. Solo alle 13 l’Anemone poté lanciare il quarto pacchetto di sei cariche di profondità, sempre regolate per le stesse quote. Il contatto fu ritrovato alle 13.10: ora non c’era più effetto doppler e nemmeno rumore di motori (a differenza di prima), ma il sommergibile sembrava stare lentamente virando verso sinistra. Alle 13.25 la corvetta lanciò il quinto pacchetto di bombe di profondità, ritrovando subito il contatto ma subendo in quel momento un’avaria del registratore, che costrinse ad usare trasmissioni manuali. Il registratore venne riparato alle 13.45; per tutto questo lasso di tempo il sommergibile non si era apparentemente mosso. Alle 13.55 l’Anemone, ormai a corto di bombe di profondità, ne lanciò altre tre sopra il bersaglio sempre regolate per 46, 76 e 106 metri.

Pochi secondi dopo che l’acqua smossa dalle detonazioni di queste ultime bombe di profondità si fu completamente calmata, si verificarono due improvvise eruzioni di bolle d’aria, che causarono una strana schiuma di colore bianco come la nave e poi si trasformarono in una grossa chiazza circolare di eruzioni di bolle, a fianco della quale, dopo un secondo, ne apparve un’altra più piccola. Sull’Anemone si pensò che il sommergibile fosse stato colpito e squarciato, dunque non ci si aspettava più di ritrovare il contatto; invece, alle 14.20 la corvetta ottenne nuovamente il contatto ed alle 14.25 lanciò una singola bomba di profondità, regolata per 106 metri, sulla sua verticale.

Alle 15.07 la nave britannica ritrovò ancora una volta il contatto, ed alle 15.14 lanciò un’ennesima carica di profondità, sempre regolata per esplodere a 106 metri; il contatto fu mantenuto anche dopo l’attacco, così l’Anemone virò e alle 15.22 gettò un’ultima bomba di profondità, regolata per 76 metri. Anche dopo questo attacco fu mantenuto il contatto, che però, lentamente e gradualmente, andò scomparendo. L’Anemone setacciò minuziosamente la zona, ma non trovò più alcun contatto, dunque ritenne di aver affondato il sommergibile.

Alle 16 la nave avvistò il convoglio HX 99 in avvicinamento ed alle 18.20 ne assunse la scorta, venendo rimpiazzata dalla similare corvetta La Malouine, della Francia Libera, nella ricerca del sommergibile. Ma ormai non c’era più nulla da trovare.

Il giorno precedente, il 6 gennaio, aerei britannici avevano anch’essi attaccato un sommergibile dell’Asse, forse danneggiandolo od affondandolo.

Il caposcorta del convoglio HX 99 approvò la condotta dell’Anemone e ritenne che gli elementi a disposizione portavano a ritenere che il sommergibile fosse stato distrutto; il Comando in Capo dell’Atlantico Occidentale elogiò la condotta del comandante e dell’equipaggio dell’Anemone, e ritenne che il sommergibile attaccato fosse stato “indubbiamente affondato”; la “Submarine Tracking Room” ritenne che un sommergibile, probabilmente italiano, fosse stato probabilmente affondato da aerei il 6 gennaio o dall’Anemone il 7. Il 3 febbraio 1941 l’U-Boat Assessment Commitee classificò il risultato dell’azione della corvetta come “probabilmente affondato”.

Il comandante dell’Anemone ritenne che i successivi attacchi della sua nave avessero provocato una progressiva perdita di galleggiabilità, e che l’ultimo avesse dato il colpo di grazia; l’U-Boat Assessment Commitee ipotizzò che dopo gli ultimi attacchi il battello si fosse andato sempre più appesantendo e che il suo comandante avesse fatto un ultimo tentativo di mantenerlo sotto controllo aumentando la velocità, ma che l’ultima bomba di profondità ne avesse messo fuori uso i motori o compromesso definitivamente la galleggiabilità, causandone la definitiva perdita di controllo ed un progressivo sprofondamento verso il fondo, profondo in quel punto quasi 1500 metri.

Non rientra, e l’ultima comunicazione con la base è avvenuta il 3/1/1941.
 

Nel dopoguerra, da fonte ufficiale britannica risulta che l’unità venne affondata il 7 gennaio 1941 dalla corvetta HMS Anemone Comandata dal Lt. Cdr. Humphry Gilbert Boys Smith, a sud est dell’Islanda in posizione 60°15’ Nord – 015°27’ Ovest (Atlantico), posizione molto più a nord della posizione che gli era stata assegnata, si presume che il battello era all’inseguimento di qualche convoglio.

 

Nessun superstite.

Comandante: C.C. Gioacchino Polizzi
C.te in 2^: T.V. Ernesto Porzio
Direttore di macchina: T.G.N. Riccardo Petralli;
Altri Ufficiali:

  • S.T.V. Giuseppe Gualco;

  • S.T.V. Paolo Emilio Marinelli;

  • T.G.N. Mario Cattaruzza;

  • S.T.G.N. Giuseppe Tuccari.

Marescialli:

  • C°2^cl. Antonio Pedroni;

  • C°3^cl. Federico Antonucci;

  • C°3^cl. Antonio Di Meo.

2°Capi:

– Gino Agnelli

– Ugo Alvisi

– Montrose Facioni

– Gennaro Gagliano

– Giuseppe Lovatelli

– Francesco Mattiuzzi

– Omero Ricchi

– Fortunato Stefanoni.

Sergenti:

– Ciro Berton

– Vincenzo Palmieri

– Vittorio Pappalardo

– Mario Saladini.

Sottocapi:

– Arturo Barbieri

– Silvio Bertelli

– Mario De Angelis

– Giovanni Mirano

– Luigi Monticone

– Giovanni Nicoletti

– Mario Raimoldi

– Salvatore Zerrillo.

Comuni:

– Giuseppe Ambrosino

– Antonio Battaglia

– Aldo Borgognoni

– Filippo Calogero

– Carlo Cappiello

– Ernesto Cassinari

– Ornelio Cornacchini

– Orlando Crispino

– Pietro Dal Pezzo

– Ubaldo De Luca

– Salvatore De Simone

– Pasquale De Vita

– Giuseppe Deserio

– Vincenzo Diminico

– Giovanni Laureato

– Paolo Manuguerra

– Valentino Marigliani

Vito My    nato a Nardò (Le) il 23/11/1918

– Renato Pagani

– Giovanni Palmisano

– Nicolò Principato

– Basilio Romano

– Luigi Vatellini

– Ugo Vergottini

– Gianbattista Virgilio.

ONORE A LORO!

Il comune natale di Vito My, gli ha dedicato una via alla frazione di  Santa Maria al Bagno.

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Caratteristiche tecniche


Dislocamento: Superficie 1059,091 t. –  Immerso 1312,921 t.
Dimensioni: Lunghezza 73 m.; Larghezza max 7,2 m.; Imm. Media in carico dosato 5,09 m.
Apparato motore: 2 motori diesel C.R.D.A.; 2 motori elettrici di propulsione C.R.D.A.; 1 batteria di accumulatori al piombo di 132 elementi.
Potenza complessiva: Motori a scoppio 3200 hp.; Motori elettrici 1100 hp..
Velocità: Superficie 17 knt; Immerso 8 knt.
Autonomia in superficie: 2825 nm. a 17 knt; 9760 nm. a 8 knt.
Autonomia in immersione: 8 nm. a 8 knt; 110 nm a 3 knt.
Combustibile: 63,135 m3 carico normale; 107,035 m3 sovraccarico.
Armamento: 4 tubi lanciasiluri AV da 533 mm.; 4 tubi lanciasiluri AD da 533 mm.; 2 cannoni da 100/47 mm.; 2 mitragliere binate da 13,2 mm.; 12 siluri da 533 mm. (6 a poppa e 6 a prora); 300 proiettili per i cannoni; 3000 colpi per le mitragliere.
Equipaggio: 7 ufficiali, 50 tra sottufficiali e truppa.
Profondità di collaudo: 100 m.
Coefficiente di sicurezza relativo alla sollecitazione massima alla profondità di collaudo riferito al limite di elasticità del materiale: 3

classeMARCELLOIsommergibiliItaliani-1963
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